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ISSN 2785-552X

La Suprema Corte sulla ammissibilità della riserva della futura formazione di un atto pubblico

Redazione 03 Giugno 2025

Cass., seconda sezione civile, ordinanza n. 10454 del 22 aprile 2025 (pres. Bertuzzi; est. Trapuzzano)

Con la sentenza in epigrafe la Suprema Corte riafferma un suo consolidato orientamento secondo cui la riserva delle parti circa la futura formazione di un atto pubblico può assumere una funzione meramente riproduttiva di un contratto di compravendita da queste in precedenza stipulato e non può dirsi, di per sé, indicativa della natura di preliminare di tale rapporto contrattuale.
Nel caso di specie, il compratore domandava al Tribunale di Belluno di voler accertare l’autenticità e la natura di vendita immobiliare della scrittura privata stipulata con il venditore e con la quale quest’ultimo, successivamente deceduto, aveva alienato in favore della controparte la nuda proprietà, con riserva di usufrutto, di una piccola proprietà immobiliare denominata “casetta”, al prezzo di Euro 20.000,00.
Si costituiva in giudizio l’erede del venditore, che contestava la domanda avversaria, opponendosi altresì alla richiesta di condanna al rilancio e alla riconsegna dell’immobile, sostenendo che la scrittura privata avesse la mera natura di preliminare di vendita e non avesse, dunque, prodotto alcun effetto traslativo.
A seguito di una pronuncia del Tribunale che ha attributo alla scrittura privata la natura di contratto di compravendita e del successivo giudizio d’appello che, al contrario, ha qualificato tale atto come preliminare, la vicenda giunge all’esame della Suprema Corte.
Diversamente dalla pronuncia del giudice dell’appello, che, soprattutto in ragione della circostanza per cui il trasferimento del possesso dell’immobile dovesse avvenire al momento della stipula del rogito notarile (e non della conclusione del contratto di compravendita), aveva ritenuto fosse volontà delle parti trasferire la proprietà dell’immobile al momento di tale atto pubblico, attribuendo, dunque, a questo la natura di contratto definitivo, la Corte di cassazione prende in considerazione altri e diversi elementi che conducono alla conclusione opposta.
Precisamente, la Suprema Corte, valorizzando, nell’ordine, a) il richiamo espresso nel contratto di compravendita alla immediata volontà traslativa; b) la riserva di usufrutto in favore dell’alienante; c) l’immediata assunzione degli oneri e delle spese a carico dell’acquirente; d) il versamento integrale del prezzo pattuito per il bene compravenduto; e) il rinvio alla stipula dell’atto pubblico ai fini della mera rinnovazione del consenso, nonché f) la limitazione della garanzia per i vizi e l’inclusione, invece, della garanzia per l’evizione, conclude per negare la natura di preliminare al contratto di compravendita e, di conseguenza, riconosce all’atto pubblico una funzione meramente riproduttiva delle pattuizione già contenute nel precedente rapporto contrattuale.
A nulla rilevano – aggiunge la Corte – argomentazioni in senso contrario ricavabili, per esempio, dal nomen iuris del contratto, dalla previsione del differimento della consegna dell’immobile, che non può dirsi di per sé indicativa della natura preliminare della prima pattuizione, e nemmeno dalla dichiarazione di rinnovazione del consenso mediante atto pubblico.
La Suprema Corte, piuttosto, sottolinea come «nel caso di compravendita conclusa per mezzo di scrittura privata, l’obbligo assunto dalle parti di addivenire alla stipulazione di un atto pubblico di trasferimento, con contestuale immissione nel possesso del bene dell’acquirente, eventualmente con il completamento in quella sede del pagamento del prezzo, non vale a convertire in preliminare il contratto definitivo che le parti hanno eventualmente inteso concludere, nell’espressione della loro autonomia negoziale, in quanto i contraenti possono validamente ed efficacemente, contestualmente o in tempo successivo, accordarsi per la riduzione in atto pubblico della scrittura privata contenente già un trasferimento dominicale perfetto, all’unico fine ricognitivo del precedente contratto».
La Corte cassa, allora, la sentenza impugnata con rinvio alla corte d’Appello di Venezia, affinché questa, in diversa composizione, faccia applicazione dei princìpi di diritto affermati.