Il negozio istitutivo di trust ed i relativi atti di dotazione quali fattispecie fiscalmente neutre
[trust – vincolo di destinazione – imposta successioni e donazioni – imposte ipotecarie e catastali]
Massima – Il conferimento dei beni in trust non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust. È per questo che detto atto deve ritenersi soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta ipotecaria che a quella catastale (massima non ufficiale).
Fatto – Nel 2015 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, accogliendo l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, affermava la correttezza dell’avviso di liquidazione relativo a maggiori importi richiesti a titolo di imposte di donazione, ipotecaria e catastale, relativamente ad un atto costitutivo di trust e a più atti di dotazione del medesimo.
Contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale veniva proposto ricorso per Cassazione articolato in cinque motivi, di cui tre dichiarati fondati e due assorbiti.
In sintesi, il ricorrente lamentava l’erronea applicazione dell’imposta di donazione e delle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale, non ravvisando né nell’atto costitutivo di trust né nel negozio di dotazione un indice di maggiore capacità contributiva del trustee, a maggior ragione nel caso di specie in cui erano stati indicati anche i beneficiari finali dei beni conferiti. Inoltre, con uno specifico motivo di ricorso, che qui interessa anche dal punto di vista più strettamente civilistico, il ricorrente affermava che il trust non fosse né un negozio destinatorio né un vincolo di destinazione, ma un semplice negozio gestorio.
Questioni – Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione si pone al crocevia tra diritto civile e diritto tributario. Qui di seguito, si procederà analizzando, in un primo momento, la questione riguardante l’applicazione al trust (e relativi atti di dotazione) dell’imposta di successione e donazione; in un secondo momento, verrà considerata la questione relativa alle imposte ipotecarie e catastali; e, in un terzo momento, saranno evidenziati gli spunti dell’ordinanza che hanno una qualche rilevanza sul piano più strettamente civilistico.
L’imposta sulle successioni e donazioni, abrogata nel 2001 ed istituita nuovamente nel 2006, è ad oggi disciplinata dal d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 e dalle particolari disposizioni previste dai commi 47-51 dell’art. 2 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 convertito con modifiche in l. 24 novembre 2006, n. 286.
Queste ultime disposizioni hanno ampliato la base impositiva del tributo in discorso comprendendo al suo interno sia la più ampia categoria degli atti a titolo gratuito, che pur possono prescindere dall’animus donandi, sia i vincoli di destinazione.
Con riferimento all’imposizione fiscale relativa alla costituzione dei vincoli di destinazione, la Corte di Cassazione ha confermato come il presupposto di imposta debba essere considerato il medesimo di quello stabilito dall’art. 1, d.lgs. n. 346/1990, ovverosia il «reale arricchimento dei beneficiari». Diversamente opinando, infatti, verrebbe intaccato il principio costituzionale espresso dagli articoli 52 e 23 Cost., che impone al legislatore tributario di colpire fatti o circostanze che siano espressione di un’idonea ed effettiva capacità contributiva.
Ne deriva logicamente che la normativa in esame deve essere interpretata nel senso secondo il quale la semplice costituzione di un vincolo di destinazione su un bene ed il relativo trasferimento della proprietà strumentale al soggetto deputato ad amministrarlo non sono di per sé sufficienti a giustificare la pretesa impositiva dell’erario, in quanto il presupposto dell’imposta in discorso deve concretizzarsi in un «effettivo trasferimento di ricchezza che sia indice di una maggiore capacità contributiva».
Secondo la pronuncia in analisi, infatti, l’atto costitutivo del trust e la sua dotazione sono atti «fiscalmente neutri», in quanto non generano alcun incremento della capacità contributiva né del trustee, né degli eventuali beneficiari. Tale incremento potrà osservarsi nei beneficiari soltanto allorquando il trustee «abbia portato a termine l’attività ad esso demandata». È buona prassi negoziale, infatti, disciplinare la sorte dei beni conferiti in trust successivamente all’estinzione del vincolo, disponendo il trasferimento finale a vantaggio di determinati soggetti, sovente gli stessi beneficiari.
Sulla scorta di tali argomentazioni, conclude la Corte, «l’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, cit. è dovuta non al momento dell’istituzione del trust o in quello di dotazione patrimoniale dello stesso, fiscalmente neutri, ma semmai in seguito, al momento dell’eventuale trasferimento dei beni o dei diritti a terzi, perché […] solo tale atto costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.».
Volgendo adesso l’attenzione a quella parte del decisum relativa all’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali, si può osservare quanto segue.
La disciplina delle imposte ipotecarie e catastali si rinviene nel d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347. In ispecie, con riferimento alle imposte ipotecarie, dal combinato disposto dell’art. 1, comma 1 del sopra citato d.lgs. e dell’art. 4 della tariffa ad esso allegata, emerge come la trascrizione di atti che non comportano il trasferimento del diritto di proprietà o di altri diritti reali su beni immobili siano soggetti all’imposta in misura fissa; mentre, relativamente all’imposta catastale, dall’art. 10, d.lgs. n. 347/1990 emerge come tale imposta sia dovuta nella misura fissa per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano il trasferimento di beni immobili né la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari.
Ora, se è vero che dalla prospettiva privatistica della dinamica dei diritti non può negarsi che il negozio di dotazione realizzi un trasferimento in senso tecnico in favore del trustee, è pur vero che dalla prospettiva fiscale siffatto trasferimento non è indice di capacità contributiva, per le stesse ragioni sopra esposte. Osserva difatti la Corte come «deve dunque ritenersi che il conferimento dei beni in trust non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante ai fini dell’imposizione, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust. È per questo che detto atto deve ritenersi soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all’imposta ipotecaria che a quella catastale».
Ferma l’analisi sul piano tributario, l’ordinanza in commento suscita un certo interesse anche da un punto di vista più strettamente civilistico, in quanto ribadisce alcuni orientamenti relativi all’istituto del trust di notevole momento.
In primo luogo, sia pure tra le righe, detta pronuncia conferma come il trust non sia soltanto un negozio gestorio – prospettazione, quest’ultima, avanzata dal ricorrente nel quinto motivo di ricorso – in quanto la segregazione patrimoniale e il profilo vincolistico-destinatorio costituiscono connotati ontologici della fattispecie, che ne permeano la causa e, come tali, si ripetono costanti nelle varie declinazioni che essa può assumere.
In secondo luogo, la Corte afferma che «il trust non è dotato di una propria personalità giuridica e il trustee è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non in qualità di legale rappresentante del trust, ma come colui che dispone dei beni e dei diritti in esso conferiti in conformità alle istruzioni e in coerenza con lo scopo a cui il patrimonio è destinato». La Corte, con tali osservazioni, conferma l’orientamento per cui il trust, benché per prassi venga corredato di denominazione, sede e codice fiscale, non sia un vero e proprio soggetto di diritto.
In ultimo luogo, la Corte di Cassazione si sofferma pure sulla natura della situazione giuridica soggettiva acquistata dal beneficiario, aderendo a quell’orientamento che riconosce in capo a costui una «aspettativa o [un] interesse qualificato ad una gestione conforme alla realizzazione dello scopo», e non anche un vero e proprio diritto soggettivo.
Precedenti – In senso conforme: Cass., 17 gennaio 2019, n. 1131, in OneLegale, in cui la Corte afferma che «l’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, [ne consegue] che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta; Cass., 30 aprile 2019 n. 11401, in OneLegale, la quale, in tema di trasferimento dal mandante al mandatario di un bene immobile oggetto di mandato a vendere, fa proprie le considerazioni in materia di conferimento di beni in trust, osservando che «è da privilegiare la interpretazione costituzionalmente orientata del citato D.L. 3 ottobre 2006, ridetto art. 2, commi 47 e segg., la quale, con confacente richiamo dell’art. 53 Cost., comma 1, circoscrive la applicazione della suddetta norma tributaria, correlandola, in senso restrittivo, al rilievo della capacità contributiva comportata dal trasferimento del bene; sicché, quando il conferimento costituisce un atto sostanzialmente “neutro” che non arreca un reale ed “effettivo incremento patrimoniale (al) beneficiario” meramente formale della attribuzione, resta esclusa la ricorrenza di alcun “trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”»; Cass., 21 giugno 2019, n. 16699 in, OneLegale, per cui «nel trust […], un trasferimento […] imponibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo»; Cass., 17 gennaio 2018, n. 975, in OneLegale sull’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecarie e catastali all’atto di trasferimento di beni in trust. Cass, ord., 25 maggio 2020, n. 9601, in OneLegale, per cui «“è illogico” ritenere applicabili in misura proporzionale le imposte dovute per la trascrizione e la voltura di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili già al momento del conferimento dei beni in trust, perché a tale momento è correlabile un trasferimento (al trustee) solo limitato (stante l’obbligo di destinazione che comprime il diritto di godimento del medesimo trust rispetto a quello di un pieno proprietario) e solo temporaneo, mentre il trasferimento definitivo di ricchezza – che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al cui manifestarsi sono pretendibili le imposte proporzionali – si verifica solo al momento del trasferimento finale al beneficiario»; allo stesso modo Cass., 18 dicembre 2015, n. 25478, in OneLegale; Cass., 18 dicembre 2015, n. 25479, in OneLegale, Cass., 18 dicembre 2015, n. 25480, in OneLegale; Cass., 17 gennaio 2018 n. 975, in OneLegale; Cass., 25 maggio 2018, n. 13141, in OneLegale; Cass., 7 giugno 2019, n. 15456. Contra: Cass., ord., 25 febbraio 2015, n. 3886, in OneLegale, secondo cui «l’imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale: l’imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli».
Nota bibliografica – Busani, Imposta di successione e donazione, Ipsoa, 2020; Ceolin, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, Cedam, 2010; Contrino, Sulla nuova (ma in realtà inesistente) imposta sui vincoli di destinazione ‘creata’ dalla Suprema Corte: osservazioni critiche, in Rass. trib., 2016, 1, 30 ss.; Corasaniti, Profili impositivi dell’intestazione fiduciaria, in Dir. prat. trib., 2009, 4, 727 ss.; Lupoi, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Cedam, 2008; Mastellone, Tributi indiretti sugli apporti in trust e ultime scosse di assestamento della Cassazione, in Dir. prat. trib., 2019, 2, 620 ss.; Righini e Chirico, Imponibilità dell’atto di ritrasferimento dal mandatario al mandante: impatto sulla disciplina del trust, in Il fisco, 2022, 44, 4239 ss.; Sabbi, Quando l’imposta va assolta subito e quando no, in Trusts e attività fiduciarie, 2020, 3, 242 ss.; Stevanato, Trust liberali e imposizione indiretta, uno sguardo al passato rivolto al futuro?, in Corr. trib., 2016, 9, 676 ss.; Tassani, La fiscalità dei trust onerosi nella più recente giurisprudenza di legittimità, in Trusts e attività fiduciarie, 2019, 3, 300 ss.; Tassani, Sono sempre applicabili le imposte di successione e donazione sui vincoli di destinazione?, in Trusts e attività fiduciarie, 2015, 4, 351 ss.
di Gabriele Giacoletti
Dottorando di ricerca in Diritto privato
Università di Verona
gabriele.giacoletti@univr.it