ISSN 2785-552X

La formazione di un contratto di compravendita internazionale e l’inclusione di condizioni generali: il problema della cosiddetta battle of forms

Leonida Gragnoli 12 Luglio 2024

 

(U. S. district Court for the Southern district of Texas, sent. 10 ottobre 2023, NF Smith & associates, L. P. c. Karl Kruse GmbH & Co. KG, Giudice Christina A. Bryan)

Abstract

Se tra due imprese, aventi sede in Stati che abbiano aderito alla Convenzione di Vienna, è concluso un contratto di compravendita internazionale, la sua formazione è regolata dal diritto uniforme. Del pari, la Convenzione si applica nell’ipotesi in cui si controverta non sull’esistenza di un negozio, ma sull’operare delle condizioni generali, qualora, nelle trattative, entrambe le parti abbiano menzionato le rispettive clausole, con l’intento di individuare in senso opposto sia il giudice avente giurisdizione, sia la legge applicabile.

Nell’ambito di operatività della Convenzione di Vienna, se, in modo contestuale a una offerta irrevocabile, il proponente faccia riferimento alle sue condizioni generali, lo scadere del termine fissato per l’accettazione impedisce la loro inclusione nel negozio. Laddove l’altra parte elabori una nuova proposta e alleghi le sue condizioni generali, in caso di conclusione dell’accordo queste sono applicabili a prescindere da qualunque precedente condotta.

Whenever an international sale agreement occurs between companies from different signatory countries of the Vienna Convention, the formation of the contract is governed by the uniform law. Similarly, the Convention applies when it is controversial not just the conclusion of the contract, but also the valid inclusion of the general conditions, if, during the negotiations, both parties have mentioned their respective terms, with the intention of regulating differently both the jurisdiction and the applicable law.

Within the scope of application of the Vienna Convention, if, by an irrevocable offer, the offeror refers to the applicability of his general conditions, the expiration of the term fixed for the acceptance prevents their inclusion in the contract. Where the other party makes a new offer and attaches his terms, should a contract be concluded, the terms operate irrespective of any prior conduct.

Sommario: 1. Il caso; 2. La decisione statunitense e la conclusione del contratto; 3. La compatibilità della soluzione con il diritto uniforme e l’accordo sulle condizioni generali; 4. La cosiddetta battle of forms; 5. L’inclusione delle condizioni generali nel contratto.

  1. Il caso

La controversia ha tratto origine dalle trattative intercorse tra una società statunitense e una tedesca per la fornitura di condensatori. Nel dicembre del 2018, la seconda impresa inoltrò alla prima una offerta. Essa era allegata a una comunicazione di posta elettronica, nella quale era fissato un termine perentorio per l’accettazione e, in particolare, erano indicate come parte integrante del futuro contratto le condizioni generali dell’alienante, rinvenibili sul suo sito internet. Da un lato, vi era ricompresa una clausola compromissoria inerente al deferimento delle controversie a un collegio arbitrale con sede a Zurigo; dall’altro lato, si segnalava come legge applicabile quella svizzera, con l’esclusione espressa dell’operare della Convenzione.

Solo dopo il decorso del termine, l’acquirente statunitense manifestò con un messaggio di posta elettronica il suo interesse a ricevere dei campioni del prodotto e trasmise un ordine. Nella proposta erano riportate per esteso le sue condizioni generali, con la precisazione per cui la loro efficacia era subordinata all’avvenuta esecuzione dell’ordine, così che solo allora esse sarebbero prevalse su tutte le altre previsioni menzionate nelle trattative. Tali condizioni riconoscevano l’operare della legge sostanziale dello Stato del Texas e imponevano al fornitore di adire un giudice locale, fatto salvo il potere dell’impresa statunitense di sceglierne qualunque altro, a sua discrezione. Infine, si richiedeva alla controparte di prendere visione di tali condizioni e sollevare eventuali contestazioni per iscritto, con l’avvertimento per cui, in caso contrario, le prime sarebbero state da ritenere accettate.

Oltre a questo ordine, l’impresa texana ne fece pervenire un secondo, avente a oggetto altri beni dello stesso genere. In entrambi i casi, il venditore si limitò a comunicare il suo assenso alla fornitura, ma, insieme alle merci, consegnò un documento inerente al trasporto nel quale indicò l’operare esclusivo delle sue clausole. Solo in seguito, l’acquirente venne a sapere della natura contraffatta della merce e della presenza di vizi, così che, forte della pretesa efficacia delle sue condizioni, convenne la società tedesca davanti al previsto giudice texano. L’alienante ne eccepì il difetto di giurisdizione, contestando l’operare delle relative clausole a favore di quelle da lui predisposte, compresa quella compromissoria.

  1. La decisione statunitense e la conclusione del contratto

La sentenza ha preso le mosse dall’analisi della disciplina della Convenzione di Vienna del 1980 sulla compravendita internazionale. Ricorrevano tutti i presupposti oggettivi per la sua applicazione; l’accordo era stipulato tra imprese, entrambe con sede in Stati contraenti, e aveva per oggetto la vendita di beni mobili, non riconducibili alle categorie escluse, elencate nell’art. 2 [cfr. F. Ferrari, La vendita internazionale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Galgano, XXI, 2ª ed., CEDAM, 2006, 224 ss.].

Non è stata di impedimento la circostanza per cui nelle condizioni generali di entrambi i contraenti emergesse la volontà di sottoporre il rapporto all’operare di una diversa legge nazionale, con l’esclusione del diritto uniforme. Ciò è consentito dall’art. 6 della Convenzione, che subordina la sua efficacia all’assenza di una diversa manifestazione di volontà [cfr. Lohmann, Parteiautonomie und UN-Kaufrecht, Mohr Siebeck, 2005, 197 ss.]. Tuttavia, sebbene sia consentito optare per un differente sistema normativo, la formazione del relativo accordo, definito di opt-out, è regolata dal diritto uniforme [cfr. Magnus, Opting in and opting out: can there be uniform interpretation or does variatio delectat govern?, in Journal of law and commerce, 2020, 38, 361 ss.]. Infatti, tale potere derogatorio consensuale è riconosciuto dalla stessa Convenzione e, perciò, si deve esplicare nel suo rispetto [cfr. Schroeter, Introduction to artt. 14-24, in Commentary on the United Nations Convention on the international sale of goods a cura di Schwenzer e Schroeter, 5ª ed., Oxford University Press, 2022, 279 ss.; Magnus, Sub art. 6, in Kommentar zum bürgerliches Gesetzbuch a cura di Staudinger, 4ª ed., Sellier De Gruyter, 2018, 176 ss.].

Come richiesto dagli artt. 14 ss. della Convenzione, ai fini della conclusione del contratto, occorre, da un lato, individuare una dichiarazione qualificabile come offerta e, dall’altro, verificarne l’accettazione [cfr. F. Ferrari, Vendita internazionale di beni mobili, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Zanichelli, 2006, 29 ss.]. Una proposta ricorre qualora si definiscano in modo compiuto gli elementi essenziali del futuro negozio e, soprattutto, emerga l’intenzione del dichiarante di assumere un impegno vincolante [v. U. S. district Court for the Southern district of New York, 23 agosto 2016, in Westlaw, 2016]. Ambedue questi aspetti ricorrevano nella prima comunicazione di posta elettronica dell’impresa tedesca ed essa sarebbe stata una offerta efficace se fosse stata accettata in modo tempestivo. Invece, siccome la comunicazione dell’acquirente statunitense era pervenuta dopo lo scadere del termine indicato, non sarebbe stata da considerare come accettazione, ma come una nuova proposta, secondo la decisione in esame. Infatti, oltre agli altri elementi necessari, presentava un oggetto definito e, soprattutto, la manifestazione della consapevolezza dell’autore sulla natura vincolante dell’atto.

A fronte di tale proposta, l’impresa tedesca manifestò il suo assenso con un comportamento concludente, dal momento che adempì senza ritardo all’ordine ricevuto. L’invito dell’offerente a una consegna immediata sarebbe stato indice della sua volontà di dare corso repentino all’esecuzione dell’obbligazione e, così, l’adempimento è stato considerato sufficiente per il perfezionamento del negozio [in senso conforme, v. OGH 13 dicembre 2012, in Internationales Handelsrecht, 2013, 3, 114]. Per la decisione, a nulla sarebbero rilevate le condizioni generali dell’impresa tedesca, spedite al momento della consegna della merce. Esse sarebbero giunte dopo la conclusione del contratto e non nel corso delle trattative.

  1. La compatibilità della soluzione con il diritto uniforme e l’accordo sulle condizioni generali

La ricostruzione offerta dalla sentenza è in linea con quanto emerge dalla Convenzione. L’interpretazione delle dichiarazioni negoziali deve avere luogo alla luce del criterio ermeneutico stabilito dall’art. 8, secondo comma; così, in caso di incertezza, deve prevalere il significato attribuito da una persona ragionevole nelle medesime circostanze. [v. U. S. district Court for the Northern district of Illinois, 31 marzo 2017, in Internationales Handelsrecht, 2018, 3, 110]. Se l’introduzione nell’offerta di un termine imperativo rende manifesta una compiuta volontà negoziale [v. U. S. district Court for the district of Delaware, 13 maggio 2021, in Westlaw, 2021; BGH 25 marzo 2015, in Neues juristiches Wochenschrift, 2015, 35, 2586], la proposta perde efficacia allo scadere dello stesso termine [cfr. Schwenzer e Mohs, Old habits die hard: traditional contract formation in a modern world, in Internationales Handelsrecht, 2006, 6, 242 ss.]. Infatti, l’art. 16, secondo comma, della Convenzione introduce una presunzione relativa per cui, laddove nell’offerta sia stabilito un termine, essa è da considerare irrevocabile, mentre, sulla scorta dell’art. 18, secondo comma, per essere efficace, l’accettazione deve pervenire al destinatario nel tempo indicato [v. U. S. district Court for the district of Colorado, 28 luglio 2015, in CISG – online, case n. 2661; Oberlandesgericht Frankfurt am Main, 24 marzo 2009, in Internationales Handelsrecht, 2010, 6, 252].

La seconda comunicazione inviata dalla società statunitense è una nuova proposta, accettata con l’esecuzione della consegna a opera dell’impresa tedesca. Anche in difetto di una adesione espressa, l’art. 18, terzo comma, della Convenzione riconosce a una condotta valore di implicita accettazione se ciò possa essere desunto dalla natura dell’offerta [cfr. S. Patti, Silenzio, inerzia e comportamento concludente nella Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, in Riv. dir. comm., 1991, 1, 139 ss.; inoltre, v. U. S. district Court for the Southern district of Texas, 23 agosto 2016, in CISG – online, case no. 2860].

Il problema principale, in apparenza trascurato dalla sentenza, è la ricostruzione del contenuto negoziale. Infatti, al momento dell’esecuzione della prestazione, il venditore tedesco era convinto dell’operare delle sue condizioni generali, tanto che le trasmise con la merce, mentre ignorava l’efficacia di quelle della società statunitense, oggetto della proposta. In astratto, simile conflitto sarebbe sufficiente a impedire il perfezionamento dell’accordo secondo il diritto uniforme, improntato al criterio della cosiddetta mirror image rule [cfr. Van Alstine, The unified field solution to the battle of the forms under the United Nations sales Convention, in William and Mary law review, 2020, 1, 240 ss.]. Nonostante l’art. 19 della Convenzione distingua tra le modificazioni alla proposta essenziali e quelle soltanto marginali, questa differenza sussiste solo in linea teorica. Nella prassi, tutte le variazioni alterano l’assetto del regolamento negoziale, in quanto impegnano gli aspetti più rilevanti delle trattative, quali il prezzo o la legge applicabile. In sostanza, la compravendita si perfeziona con l’incontro di due dichiarazioni speculari, così che il negozio deve essere il risultato di una convergenza di vedute completa. Invece, ogni modifica alla proposta equivale alla formulazione di una nuova [cfr. Bortolotti, Formazione del contratto – battle of forms, in Contr. impr./Eur., 2012, 2, 904 ss.].

Così, il sistema entra in crisi qualora, come in questo caso, i contraenti non si intendano e insistano per l’inclusione delle rispettive condizioni generali, tra loro incompatibili [cfr. Valentino, Globalizzazione economica e disorder of law. Un esempio: la battle of forms e il principio del mirror – image rule, in Contr. impr., 2010, 2, 399 ss.]. Spesso, gli operatori sottovalutano l’importanza della questione e, così, appena raggiunta l’intesa sugli aspetti essenziali, danno immediata esecuzione al contratto, senza interrogarsi sulla natura delle variazioni introdotte, come è accaduto nel caso di specie. La questione è nota con il termine di battle of forms. Perché si ponesse rimedio a questa incertezza, sono stati elaborati due orientamenti principali, noti come last shot approach e knock out approach.

  1. La cosiddetta battle of forms

Secondo il last shot approach, la soluzione dovrebbe essere ricercata negli artt. 18 e 19 della Convenzione [cfr. Perales Viscasillas, Battle of the forms under the 1980 United Nations Convention on contracts for the international sales of goods, in Pace international law review, 1998, 1, 97 ss.]. Posto che ogni modificazione a una precedente proposta deve essere approvata da entrambi gli stipulanti, essi formulano tante nuove offerte quanti sono i reciproci rinvii alle rispettive condizioni generali, fino a quando l’ultima dichiarazione sia accettata per comportamenti concludenti, con l’inizio dell’esecuzione [cfr. Rühl, The battle of the forms: comparative and economic observations, in University of Pennsylvania journal of international economic law, 2003, 1, 208 ss.]. Perciò, dovrebbero essere preferite le clausole alle quali da ultimo una parte abbia fatto riferimento e il regolamento negoziale si formerebbe sul contenuto dell’offerta subito antecedente all’esecuzione dell’accordo [cfr. Peleggi, Exclusion of the Vienna Convention, battle of the forms and incorporation of standard terms according to a recent decision by the U. S. District Court of the Western district of Pennsylvania, in Dir. comm. int., 2015, 4, 1087 ss.].

In questo senso, il last shot approach rappresenta una articolazione del generale principio della ricezione, antitetico a quello della spedizione. Siccome il perfezionamento dell’intesa si individua non dal momento dell’invio dell’accettazione, ma da quello in cui acquisti efficacia, devono essere tenute in considerazione le condizioni mandate per ultime, non quelle trasmesse per prime [cfr. Frignani e M. Torsello, Il contratto internazionale. Diritto comparato e prassi commerciale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Galgano, XII, 2ª ed., CEDAM, 2010, 230 ss.].

Questa tesi, accolta dalla giurisprudenza statunitense [v. U. S. Court of Appeals, 7th Circuit, 21 gennaio 2016, in Federal Reporter, third series, 247; U. S. district Court for the Western district of Pennsylvania, 10 settembre 2013, in Dir. comm. int., 2015, 4, 1067; U. S. Court of appeals, 9th Circuit, 5 maggio 2003, in Internationales Handelsrecht, 2003, 6, 295], fa sorgere qualche dubbio quando il destinatario dell’offerta non si limiti a manifestare il suo assenso, ma trasmetta le sue condizioni in modo contestuale all’esecuzione della prestazione. In questo modo, si potrebbe avvantaggiare il contraente che si esprima per ultimo, poiché accetta le clausole del proponente, ma, allo stesso tempo, cerca di imporre le sue, così che, di fatto, queste opererebbero, in quanto allegate per ultime [cfr. Kröll e Hennecke, Kollidierende allgemeine Geschäftsbedingungen in internationalen Kaufverträgen, in Recht der internationalen Wirtschaft, 2001, 10, 739 ss.].

Perché siano simili problemi, a questa tesi fa da contraltare quella nota come knock out approach, accolta dalla dottrina maggioritaria [cfr. Zeller, The CISG and the battle of the forms, in International sales law: a global challenge a cura di Di Matteo, Cambridge University Press, 2014, 212 ss.; Schwenzer, Hachem e Kee, Global sales and contract law, Oxford University Press, 2012, 554 ss.]. Nella ricerca dell’effettiva intenzione, il riferimento ai rispettivi formulari esprimerebbe la comune volontà di dare esecuzione ai soli termini essenziali convenuti, integrati dalle condizioni di entrambe le parti, per quanto compatibili. Le altre clausole si eliderebbero e, in loro vece, opererebbero le disposizioni della Convenzione ovvero, in difetto, quelle richiamate alla stregua del diritto internazionale privato.

L’impostazione preferibile è il knock out approach, in quanto riesce a coniugare l’interpretazione della volontà con la valorizzazione del sistema di formazione del contratto a livello internazionale, sistema incentrato sulla speditezza delle relazioni commerciali [cfr. Steensgaard, Battle of the forms under the CISG – one or more solutions?, in Internationales Handelsrecht, 2015, 3, 91 ss.]. Nel caso di specie, questa tesi non è stata presa in esame, poiché non ne ricorrevano i presupposti. Tale regola mira a risolvere casi di incertezza sull’identificazione delle condizioni efficaci e ciò presuppone che entrambe le parti si siano adoperate per renderle parte integrante del contratto, così che deve sussistere un ragionevole dubbio su quale dei due gruppi prevalga [v. Trib. Rovereto, 21 novembre 2007, in Giur. it. rep., 2007]. Secondo la sentenza in esame, difetta questo aspetto; nel corso delle trattative, l’impresa statunitense non si sarebbe potuta aspettare altro se non l’efficacia delle sue clausole, in quanto le uniche richiamate in via espressa e mai contestate.

  1. L’inclusione delle condizioni generali nel contratto

Nonostante la Convenzione non dedichi una disciplina specifica all’inclusione nel contratto delle condizioni generali, la questione è disciplinata dal diritto uniforme. Infatti, costituisce una fase del procedimento di formazione del negozio e, perciò, il problema deve essere risolto con il ricorso alla stessa disciplina [cfr. Schlechtriem, Kollidierende Geschäftsbedingungen im internationalen Vertragsrecht, in Festschrift für Rolf Herber zum siebzigsten Geburtstag a cura di Thume, Luchterhand, 1999, 36 ss.]. Al riguardo, la giurisprudenza [v. BGH, 26 novembre 2020, in Neue juristische Wochenschrift – Rechtsprechungs Report, 2021, 6, 376; OGH 31 agosto 2005, in Internationales Handelsrecht, 2006, 1, 31; BGH, 31 ottobre 2001, in Neue juristische Wochenschrift, 2002, 4, 370] ha individuato due requisiti per l’effettivo inserimento delle condizioni generali; da un lato, occorrono un espresso rinvio e una menzione della loro invocata efficacia e, dall’altro lato, il destinatario deve essere in grado di venire a conoscenza del loro contenuto.

Quanto al primo requisito, la proposta non deve riprodurre per esteso le clausole [v. Trib. Rovereto, 24 agosto 2006, in Giur. it. rep., 2006], ma basta che l’intento emerga in modo chiaro e, soprattutto, sia conoscibile dalla controparte o, altrimenti, da una persona ragionevole che si trovi nelle medesime condizioni, secondo il criterio dell’art. 8 [v. U. S. district Court for the Middle district of North Carolina 17 giugno 2014, in Federal Supplement, third series, 2014, 496; U. S. district Court for the district of Maryland 8 febbraio 2011, in Federal Supplement, second series, 745]. Il secondo presupposto è soddisfatto qualora il destinatario abbia una occasione di prendere visione delle clausole. Non è sufficiente la mera possibilità astratta, ma occorre un comportamento positivo, diretto a rendere agevole la lettura del testo, tanto con il suo invio, quanto con un collegamento ipertestuale [cfr. Kruisinga, Contracts for the international sale of goods. Recent developments at the international and european level, in Dovenschmidt quaterly, 2014, 2, 61 ss.].

La decisione in esame argomenta in modo persuasivo sul difetto dell’inclusione delle condizioni dell’impresa tedesca. In sede di trattative, a proposito della seconda offerta, tale società non ha mai reso manifesta la volontà di assoggettare il nascente rapporto alle sue clausole. Invece, nel formulare la nuova proposta, l’impresa statunitense ha condizionato l’accettazione, divenuta palese con la consegna della merce, all’efficacia delle sole sue previsioni. Esse sono state richiamate e inserite tanto nell’ordine di pagamento trasmesso per posta elettronica, quanto negli allegati alla comunicazione, con preghiera di una loro lettura e di una pronta risposta nel caso in cui dovessero essere suggerite modificazioni. Pertanto, le clausole sono state menzionate in via espressa ed erano accessibili in modo agevole, mentre nessuna controproposta è stata avanzata dall’impresa tedesca, che ha provveduto a dare corso alle richieste. Il richiamo successivo al momento dell’esecuzione della prestazione è tardivo.

Soprattutto, il rinvio della società tedesca al suo sito internet aveva per oggetto le clausole menzionate nella sua prima offerta irrevocabile, ovvero un atto divenuto inefficace e privo di effetti ulteriori. Infatti, il riferimento alle condizioni deve essere palesato nella fase precontrattuale prossima alla stipulazione, poiché non si può pretendere che rimanga attuale sebbene formulato in un momento dei negoziati risalente nel tempo [v. U. S. district Court for the district of Oregon 5 dicembre 2017, in Internationales Handelsrecht, 2018, 4, 152; Oberlandesgericht Jena 10 novembre 2010, in ibid., 2011, 2, 80]. La tesi opposta esporrebbe ciascun contraente all’obbligo ingiustificato di prestare la massima attenzione a ogni dichiarazione altrui, obbligo non concordante con il normale svolgersi delle trattative. Al più, il fatto di allegare le proprie clausole in sede di consegna equivarrebbe a una proposta di modificazione del contratto, consentita senza vincoli di forma dall’art. 29, secondo comma, della Convenzione. Tuttavia, questa sola dichiarazione non basta ad alterare il regolamento negoziale, in quanto è necessario un accordo e, nel caso di specie, nulla è stato convenuto.

Pertanto, poiché le condizioni dell’impresa tedesca non sono state richiamate in modo rilevante, non si applica il knock out approach. A dire il vero, non sussistono i presupposti neppure per l’operare del last shot approach. Infatti, il conflitto tra condizioni generali era solo apparente. Se quelle di un unico stipulante sono incluse, non si pone il problema di stabilire quale tra le parti abbia menzionato le sue clausole per ultima. Così, una volta che sia stata accettata l’offerta, operano soltanto le condizioni ivi incluse, e di quelle altrui non vale la pena parlare. Le due impostazioni richiamate del last shot approach e del knock out approach ricorrono quando entrambi i contraenti si siano adoperati con successo per inserire le rispettive condizioni.

Bibliografia essenziale

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di Leonida Gragnoli
Dottore in giurisprudenza
Università di Bologna