Sugli effetti della prelazione convenzionale e dei rimedi per il suo inadempimento
Cass., terza sezione civile, ordinanza n. 15801 del 06 giugno 2024 (pres. Frasca; rel. Saija)
La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sugli effetti che discendono da un patto di prelazione volontaria in essere tra le parti in causa e relativo alla rinnovazione di un contratto di locazione di spazi aziendali.
Nel ricostruire la vicenda, la Suprema Corte ripercorre la disciplina dei diversi negozi mediante i quali le parti, nell’ambito dell’esercizio della loro libertà negoziale, possono vincolarsi. E precisamente osserva che, se il contratto preliminare fa sorgere l’obbligo – in capo ad una o ad entrambe le parti – di concludere il contratto definitivo, e l’opzione attribuisce all’opzionario il diritto potestativo di costituire il rapporto contrattuale finale cui l’opzione stessa accede mediante una propria dichiarazione di volontà, il patto di prelazione, invece, obbliga il promittente soltanto a dare al prelazionario la preferenza rispetto ad altri, a parità di condizioni, per l’evenienza in cui decida di stipulare un determinato rapporto contrattuale.
Obbligo di colui che concede la prelazione non è, dunque, quello – meramente eventuale – di concludere il contratto finale, quanto piuttosto quello di adottare un comportamento diligente volto a soddisfare l’interesse del prelazionario ad essere preferito a terzi. Tale obbligo a sua volta implica l’obbligo di denuncia, ossia di comunicare al prelazionario la proposta che egli intende fare a terzi, nonché quella ricevuta da terzi, una volta determinatosi a concludere l’affare. A tale comunicazione, di regola, non necessariamente consegue la conclusione del contratto e l’obbligo di stipula non può, dunque, dirsi in essa implicito, ma può eventualmente essere oggetto di una ulteriore specifica pattuizione nell’ambito del patto di prelazione.
In altri termini, sebbene tutte le figure negoziali descritte e dalla Corte richiamate producano effetti obbligatori, non tutte determinano il sorgere dell’obbligo di stipulare il contratto finale. Obbligo quest’ultimo che, di regola, non sorge dal patto di prelazione, a meno che non sia stato precisamente previsto altrimenti.
Ne deriva che, in ipotesi di violazione della prelazione convenzionale per intervenuta stipula del contratto con un soggetto terzo in assenza di previa comunicazione, ovvero senza attendere la scadenza del termine assegnato al prelazionario per l’esercizio del relativo diritto, o, ancora, senza tener conto dell’avvenuta accettazione da parte dello stesso prelazionario, quest’ultimo potrà soltanto agire per il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento. Sono, infatti, esclusi dall’ordinamento per la prelazione volontaria che non preveda specificamente l’obbligo di stipula del contratto finale – e questa è la conclusione a cui aderisce anche la Suprema Corte – rimedi di natura coercitiva, quali il diritto di riscatto e l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c.